Il Tribunale di Brescia riconosce l’indennità di maternità per lavoratrici atipiche anche in assenza del permesso di lungo periodo: prevale l’art. 14 CEDU.

Si tratta di una delle poche pronunce relative all’indennità ex art. 75 Dlgs 151/01. A differenza di quella prevista dall’art. 74 Dlgs 151/01 (indennità di maternità di base, di competenza comunale,  riservata alle lavoratrici prive di qualsiasi versamento contributivo) quella prevista dall’art. 75, di importo leggermente superiore, è pagata direttamente dall’INPS e compete alle lavoratrici che, avendo lavorato in modo discontinuo, sono prive dei requisiti  per ottenere l’indennità ordinaria (aver cessato un lavoro subordinato da non più di 60 giorni o avere diritto alla NASPI).

Anche per questa indennità, l’art. 75 Dlgs 151/01 prevede il requisito della cittadinanza italiana o comunitaria o, per cittadini di paesi extra UE, la titolarità del permesso di lungo periodo.

Il Tribunale di Brescia ritiene però  –  sulla scorta dei noti precedenti della Corte Costituzionale relativi alle prestazioni di invalidità per gli stranieri – che la prestazione in questione vada ricondotta nell’ambito delle prestazioni volte a garantire “condizioni di vita accettabili” e che come tale sia soggetta al divieto di discriminazione per nazionalità di cui all’art. 14 CEDU e 21 Carta dei diritti fondamentali.  Il successivo passaggio  è di particolare rilievo e differenzia la pronuncia in esame da altre che pure avevano già riconosciuto la analoga indennità ex art. 74 a cittadine straniere prive del permesso di lungo periodo (cfr. per tutte Tribunale di Alessandria, 9 dicembre 2014, est. Lippi (ord.), X (avv.ti Guariso e Neri) c. Inps e c. Comune di Tortona  e Comune di Alessandria  sulla base della direttiva 2011/98.

Per il Tribunale di Brescia il diritto deriva invece dalle  predette norme di diritto (rispettivamente) internazionale e comunitario, le quali – in materia di sicurezza sociale – hanno applicazione diretta nei rapporti verticali con conseguente garanzia della parità di trattamento tra cittadini e stranieri e conseguente disapplicazione delle norme nazionali contrastanti.

Da segnalare anche che il Tribunale ha ritenuto di non considerare l’eccezione dell’INPS che, pur avendo respinto la domanda amministrativa  motivando esclusivamente sulla base della carenza del titolo di soggiorno, aveva poi argomentato in giudizio anche in ordine alla carenza del requisito contributivo che l’art. 75 richiede: il Tribunale non ha ritenuto ammissibile, nell’ambito del giudizio antidiscriminatorio, questa radicale modifica della  motivazione del diniego.

Tribunale di Brescia, 9 ottobre 2015, est. Pipponzi (ord.), S. (avv.ti Guariso e Neri) c. Inps

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