ILLEGITTIMO IL TRATTENIMENTO IN AEROPORTO  EFFETTUATO IN SEGUITO ALLA REVOCA DEL PERMESSO DI SOGGIORNO NOTIFICATA ALLA FRONTIERA

Respingimento diretto ex art. 10 d.lgs 286/1998 – giurisdizione giudice ordinario – trattenimento in aeroporto in contrasto con art. 3 CEDU – diritto al risarcimento del danno per lesione di interessi di rango costituzionale – revoca permesso di soggiorno – carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario – insussistenza requisito della convivenza ex d.lgs 30/2007

La cognizione dell’impugnazione dei provvedimento di respingimento ex art. 10, commi 1 e 2 del d.lgs 286/1998, spetta al giudice ordinario, in quanto avente ad oggetto diritti soggettivi in relazione ai quali non sussistono margini di ponderazione degli interessi in gioco da parte dell’amministrazione.

Ai fini dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente ex artt. 14 e 17 d.lgs 30/2007 non ha alcun rilievo la mancata convivenza con il coniuge separato, atteso che il d.lgs. 30/2007 non richiede né il requisito oggettivo della convivenza tra il cittadino italiano e il richiedente – salve le conseguenze dell’accertamento di un matrimonio fittizio – né quello del pregresso regolare soggiorno del richiedente.

Nel caso di un trattenimento operato nei locali di polizia di un aeroporto, con modalità contrarie all’art. 3 della CEDU, sussiste il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale dovuto da una lesione di diritti soggettivi di rango costituzionale, quali la libertà personale. La quantificazione dell’ammontare del risarcimento va operata alla luce della giurisprudenza CEDU in materia e può essere ritenuto congruo in euro 1.000,00 per ogni giorno di trattenimento.

La vicenda:

Alla ricorrente, cittadina cubana residente in Italia dal 2011, è stato notificato all’aeroporto di Milano- Malpensa, mentre faceva rientro in Italia, un provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per motivi familiari di cui era in possesso.

In conseguenza della revoca, è stato adottato nei suoi confronti un provvedimento di respingimento ex. art. 10, comma 1, d.lgs 286/1998 e la ricorrente è stata trattenuta per cinque giorni dalla Polizia di Frontiera, senza l’adozione di alcun provvedimento, presso un locale situato all’interno dell’aeroporto di Milano Malpensa. Dopo cinque giorni, la ricorrente è stata fatta imbarcata su un volo diretto a Cuba.

Il locale, di ridotte dimensioni e dove erano trattenuti numerosi altri cittadini stranieri, era privo di finestre e dotato solamente di luce artificiale. Inoltre, alla ricorrente è stato negato il diritto di incontrare i suoi legali.


ILLEGITTIMO IL PROVVEDIMENTO DELLA QUESTURA CHE, A SEGUITO DI PARERE NEGATIVO DELLA COMMISSIONE TERRITORIALE SUL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI UMANITARI, NON VALUTA SE LO STRANIERO POSSA COMUNQUE OTTENERE LA CONVERSIONE IN PERMESSO DI SOGGIORNO PER MOTIVI DI LAVORO SUBORDINATO
Il Consiglio di Stato, dando corretta applicazione all’art.1, co. 8, D.L. n. 113/2018 conv. in l. n. 132 del 2018 che – nel consentire la possibilità di rilasciare, alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitaria, un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 32, comma 3, d. lgs. 25/2008 previa valutazione della competente Commissione – mantiene espressamente fermi “i casi di conversione”, ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento della Questura che, a seguito di parere negativo della commissione territoriale sul rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non ha contestualmente valutato se lo straniero potesse ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato per via dell’attività lavorativa che lo straniero aveva intrapreso mentre il precedente permesso di soggiorno non era ancora scaduto

Trib. Milano, ordinanza del 29.6.2018, est. Brusamolino, K. Z. (avv.to Susanna Pelzel) c. Questura di Milano e Ministero dell’Interno

Straniero irregolare –  trapianto di fegato in Italia – prestazione “programmata” –  diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art. 5 comma 6 Dlgs 286/98 per l’iscrizione al SSN – sussiste

“L’art. 35 comma 3 Dlgs 286/98 garantisce una serie di interventi sanitari urgenti o comunque essenziali secondo un’elencazione che non può ritenersi esaustiva degli interventi da assicurare “comunque” al soggetto che si trovi, a qualsiasi titolo ed anche se non in regola, nel territorio dello stato, e ciò al fine di garantire a tutti quel “nucleo irriducibile” del diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione italiana. Su tali presupposti il Tribunale ha ritenuto ravvisabile il diritto in capo alla cittadina straniera soggiornante in Italia priva del titolo di soggiorno, indigente ed affetta da una grave forma di patologia al fegato, il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari consistenti nella necessità di sottoporsi al trapianto di fegato, essendo tale prestazione considerata “programmata”, pur se essenziale, data l’esistenza delle liste di attesa, e pertanto garantita dal SSN solamente ai cittadini stranieri in regola con la posizione di soggiorno. 


Con sentenza del 6 aprile 2017 la Corte d’Appello di Milano ha riconosciuto il diritto di una cittadina georgiana, coniugata con cittadino italiano, al rilascio della carta di soggiorno quale familiare di cittadino UE pur in assenza di prova della convivenza e in assenza di reddito.

La Corte d’Appello interpellata ha ribadito quanto già da tempo statuito dalla Suprema Corte in ordine ai presupposti stabiliti dal d.lgs. 30/2007 (in recepimento della direttiva UE 2004/38/CE) per il rilascio di titoli di soggiorno in favore di familiari di cittadini europei ed italiani, secondo la quale “premessa la piena applicabilità alla fattispecie dedotta nel presente giudizio della disciplina normativa contenuta nel d.lgs. N. 30 del 2007, deve escludersi che tra i criteri di riconoscimento iniziale e conservazione dei titoli di soggiorno previsti da tale normativa possa farsi rientrare, nell’ipotesi del coniuge del cittadino italiano o UE, la convivenza effettiva“; continua la Suprema Corte: “In caso di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare del coniuge del cittadino italiano o Ue, nel regime introdotto con il d.lg. febbraio 2007 n. 30, non è più necessario il requisito della convivenza effettiva, trattandosi di criterio rimasto estraneo sia all’art. 7 comma 1 lett. d), relativo al diritto di soggiorno del familiare del cittadino italiano, sia alle previsioni di cui agli art. 12 e 13 d.lg. n. 30 del 2007, che regolano il primo il mantenimento del diritto di soggiorno in caso di divorzio o annullamento del matrimonio e pongono, il secondo, il limite del pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” (Cass. Civ. sent. n. 12745 del 23.05.2013).

La Corte d’appello ha così riformato la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso, concludendo che il provvedimento di rigetto della Questura “motivato solo sul presupposto della dedotta mancata convivenza con il coniuge italiano e sulla mancanza di risorse economiche, si pone in contrasto con la normativa europea e con l’art. 10 d.lgs. 30/2007”.


Diritto al bonus bebè – titolo di soggiorno diverso dalla carta di soggiorno di lungo periodo – efficacia diretta dell’art. 12 della direttiva UE 98/2011 nel nostro ordinamento

Permesso di soggiorno per motivi familiari  – cittadino straniero marito di cittadina italiana – sopravvenuta cessazione della convivenza tra i coniugi –  non ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno nel caso di coniuge di cittadino italiano

Emersione – art 14 comma 5 ter TU immigrazione
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