Con due sentenze depositate il 25.11.2020 (C-302/19 e C-303/19) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – accogliendo le tesi proposte dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri che assistevano davanti alla Corte due lavoratori stranieri – ha messo fine a una anomalia del regime italiano in tema di assegni al nucleo familiare: secondo la nostra legge, ai fini del diritto agli assegni, il lavoratore italiano può computare nel proprio nucleo familiare anche i familiari residenti all’estero, mentre il lavoratore straniero, pur versando all’INPS i medesimi contributi, può inserire nel proprio nucleo solo i familiari residenti in Italia. La conseguenza è che, a seconda del numero di familiari e del reddito, lo straniero può restare totalmente privo di assegno o può percepirlo in misura inferiore all’italiano.
La Corte ha sancito che tale diversità di trattamento è in contrasto sia con la Direttiva 109/2003 (che riguarda i titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo) sia con la Direttiva 2011/98 che riguarda i titolari di permesso unico lavoro (cioè i permessi per famiglia, per lavoro o per attesa occupazione).
Secondo la Corte, le disposizioni di tali direttive “mirano a creare condizioni uniformi minime nell’Unione, a riconoscere che i cittadini di paesi terzi contribuiscono all’economia dell’Unione con il loro lavoro e i loro versamenti contributivi di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall’eventuale sfruttamento di questi ultimi” e non consentono pertanto, salvo casi particolari, trattamenti differenziati.
In passato diversi giudici nazionali avevano già riconosciuto, attraverso una diretta applicazione delle direttive, il diritto dei cittadini stranieri agli assegni anche per i familiari residenti all’estero, ma la Cassazione era stata più dubbiosa sul punto e aveva chiesto alla Corte Europea la corretta interpretazione delle norme dell’Unione. La Corte di Lussemburgo ha dato oggi la propria risposta.
Da oggi, le lavoratrici e i lavoratori stranieri che hanno lasciato in patria il coniuge e/o i figli possono richiedere gli assegni per il nucleo familiare per i 5 anni antecedenti la richiesta.
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