Può apparire strano per un avvocato (tanto più se, come il nostro studio, ha l’ambizione di occuparsi della tutela dei diritti fondamentali) avviare questa rubrica parlando della storia di un uomo che “il mondo avrebbe dovuto benedire se egli non avesse ecceduto in virtu” e che “il senso della giustizia rese un brigante” (pag. 11).

La breve novella ironica e drammatica narrata da VON KLEIST (scrittore e drammaturgo del romanticismo tedesco, morto suicida a soli 34 anni, nel 1811) vede la sconfitta dei potenti che avevano preteso di fare carta straccia del diritto e che alla fine sono invece obbligati da un giudice superiore a restituire ciò che avevano sottratto con la forza e l’arbitrio al povero Michael. Ma per assurdo il ripristino del diritto avviene quando Michael sale sul patibolo a causa dei torti a sua volta commessi nella spasmodica ricerca della giustizia, aggrovigliandosi in un inestricabile labirinto di torti e ragioni.

Se ne ricava l’impressione (forse ovvia) che la via della giustizia richiede non solo passione, ma intelligenza, comprensione della realtà, fantasia: il che non ha nulla a che vedere con il “moderatismo” che scolora la passione , ma ha molto a che vedere con la capacità di costruire attorno a un diritto “giusto” quel consenso che lo rende efficace.

Il nostro quotidiano affannarsi attorno al rito del “processo” potrebbe servire anche a questo.