Di fronte ai recenti interventi normativi che hanno costretto il mondo del lavoro ad adeguarsi all’emergenza sanitaria, abbiamo deciso di riunire in un unico documento le principali domande che lavoratori e lavoratrici ci hanno posto negli ultimi giorni.

Una versione pdf delle seguenti FAQ può essere scaricata cliccando su questo link.


D) Quali sono le condizioni di sicurezza che devono essere garantite sul luogo di lavoro?

R) È necessario garantire la distanza fra ogni persona di almeno un metro; se ciò non è possibile, il datore di lavoro deve fornire delle mascherine. Inoltre, il luogo di lavoro dev’essere sanificato periodicamente e vanno in ogni caso evitati gli assembramenti.

Tali misure sono indicate nell’art. 16 D.L. 18/2020 e consistono nel distanziamento interpersonale di un metro ovvero, qualora non sia possibile, nella fornitura di mascherine quale dispositivo di protezione individuale.
Rimane comunque fermo l’obbligo del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., di porre in essere tutte quelle misure che, in base all’esperienza, alla tecnica ed alla particolarità del lavoro siano idonee a tutelare l’integrità fisica e la personalità del lavoratore/trice ed a prevenire situazioni di danno.
Le Parti sociali, con il Protocollo del 14/3/2020, hanno identificato ulteriori misure che i datori di lavoro devono porre in essere per evitare l’esposizione al contagio, ad esempio garantendo la sanificazione periodica dei locali ed evitando che si creino assembramenti all’interno dell’azienda o in entrata ed uscita. Anche queste misure sono obbligatorie per il datore di lavoro.

 

D) Cosa posso fare se queste condizioni non vengono garantite?

R) Se non posso svolgere la mia mansione nemmeno in smartworking, posso rifiutarmi di lavorare.

L’allegato 1 al DPCM 22.3.2020 elenca le attività produttive ed industriali che possono proseguire durante il periodo di sospensione di tutte le altre.
Se l’attività svolta dall’impresa rientra in tale elenco (e quindi prosegue) e le mansioni assegnate al lavoratore/trice non possono essere svolte in smartworking, il lavoratore/trice può rifiutarsi di rendere la prestazione nel caso in cui il datore di lavoro non ponga in essere le misure minime per prevenire il contagio.
Il diritto del lavoratore/trice di astenersi dalla prestazione trova il suo fondamento normativo nell’art. 44 D.Lgs. 81/2008, che stabilisce, al comma 1°, che “il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”.

 

D) Sono un lavoratore/trice dipendente: posso pretendere lo smartworking?

R) Si possono distinguere quattro situazioni:

  1. Lavoratore/trice dipendente delle pubbliche amministrazioni: è configurabile il diritto a rendere la prestazione lavorativa in smartworking fino alla cessazione dello stato di emergenza, e dunque fino al 31.7.2020 perché, secondo l’art. 87 DL 18, questa costituisce la “modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa”.
  2. Lavoratore/trice disabile in condizione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3 L. 104/92 o lavoratore/trice che abbia nel proprio nucleo familiare una persona disabile in condizione di gravità: l’art. 39 DL 18 riconosce (sia nel settore pubblico che privato) il diritto a rendere la prestazione in smartworking fino al 30.4.2020, “a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
  3. Lavoratore/trice affetto da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa: l’art. 39 DL 18 riconosce il diritto di precedenza nell’accoglimento delle istanze di lavoro agile e trova applicazione anche dopo la fine dell’emergenza.
  4. Lavoratore/trice non rientrante nelle precedenti categorie: l’utilizzo dello smartworking per rendere la prestazione lavorativa è fortemente sollecitato da numerose norme della legislazione di emergenza e deve quindi essere privilegiato nelle scelte organizzative del datore di lavoro, ma non è espressamente qualificato come diritto del lavoratore/trice.

Può però configurarsi come diritto del lavoratore/trice ai sensi dell’art. 2087 c.c. e dell’art. 44 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza, tutte le volte che la presenza in azienda esponga il lavoratore/trice a rischi di contagio e il datore non abbia predisposto le misure di sicurezza.

Il datore di lavoro può invece “imporre” lo smartworking durante il periodo di emergenza, perché in tale periodo non è più richiesto l’accordo individuale previsto dalla legislazione ordinaria.

 

D) Sono un genitore lavoratore: a quali misure ho diritto?

R) Se tuo/a figlio/a ha meno di 12 anni, puoi chiedere uno speciale congedo parentale di 15 giorni, oppure, in alternativa, un bonus per pagare servizi di baby sitting.
Se lavori nel privato e tuo/a figlio/a ha da 12 a 16 anni, puoi assentarti dal lavoro mantenendo il posto per un massimo di 15 giorni.

In seguito alla chiusura delle scuole disposta a causa dell’emergenza CoViD-19, il DL 18/2020 ha introdotto un congedo straordinario della durata massima di 15 giorni, fruibile alternativamente da uno solo dei genitori per nucleo familiare.
Possono richiederlo i lavoratori dipendenti, i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS o i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni dell’INPS, con figli fino a 12 anni di età (limite che non sussiste in caso di figli con disabilità). L’indennità è così calcolata: per i dipendenti del settore privato è pari al 50% della retribuzione; per gli iscritti alla gestione separata INPS è pari al 50% di 1/365 del reddito individuato come base di calcolo dell’indennità di maternità; per gli autonomi iscritti alle gestioni dell’INPS è pari al 50% della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge; per i dipendenti pubblici, l’importo dell’indennità è stabilito dall’amministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro.
Inoltre, i lavoratori dipendenti del settore privato genitori di figli da 12 a 16 anni possono assentarsi dal lavoro, senza alcuna indennità e con diritto al mantenimento del posto di lavoro, per tutto il periodo di chiusura delle scuole.
In alternativa al congedo di 15 giorni, i lavoratori possono richiedere un bonus per servizi di baby-sitting del valore di 600€, estendibile a 1000€ per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, erogato mediante libretto famiglia.
Maggiori informazioni su requisiti, condizioni e modalità di richiesta di tali misure sono contenute in un documento esplicativo dell’INPS consultabile al seguente link e nella circolare INPS n. 45 del 25.3.2020.

D) Avevo già diritto, prima dell’emergenza, ai 3 giorni mensili di permesso retribuito previsti dalla legge 104/1992: cosa prevede il DL 18/2020 a riguardo?

R) In questo caso, hai diritto ad ulteriori 12 giorni di permesso retribuito fruibili nei mesi di marzo e aprile.

 

D) In questo periodo sono obbligato a usufruire delle ferie che ho maturato finora?

R) Se sei un/a dipendente del settore privato non sei obbligato/a, ma la situazione va vista caso per caso.

I provvedimenti emanati per far fronte all’emergenza Coronavirus non hanno attribuito al datore il potere di imporre unilateralmente al lavoratore/trice il godimento delle ferie.
Il DPCM 11/3/2020, all’art. 1 co. 1° punto 7) lett. b), raccomanda solamente che “siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva”.
L’art. 2109, co. 2°, del codice civile prevede tuttavia che il datore stabilisca il periodo delle ferie, tenendo conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore/trice.
Posto che il DL 18/2020 promuove l’istituto degli ammortizzatori sociali e, congiuntamente al precedente DPCM 11/3/2020, incentiva il ricorso al lavoro agile, è ragionevole ritenere che le ferie debbano essere adottate solo come estrema soluzione nel caso in cui non sia possibile fare ricorso a strumenti alternativi.
Si tenga anche presente che la fruizione delle ferie può costituire un rimedio per assicurare al lavoratore/trice di percepire la piena retribuzione, in attesa dell’accesso agli ammortizzatori sociali. 

R) Se sei un dipendente pubblico invece sì, ma solo nel caso in cui le tue mansioni non possano essere svolte tramite smartworking.

L’art. 87 co 3° D.L. 18/2020 prevede l’utilizzo da parte della P.A. delle ferie pregresse quale ipotesi residuale per il caso in cui non sia possibile ricorrere nemmeno al lavoro agile, modalità ordinaria di svolgimento del lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione sino alla cessazione dello stato di emergenza.
In questo caso la norma, ove non sia possibile rendere la prestazione né sull’ordinario luogo di lavoro né presso il domicilio in lavoro agile, non raccomanda ma dispone la fruizione delle ferie, dei congedi, delle banche ore, prima che si valuti la temporanea esenzione dal servizio.

 

D) Posso essere licenziato/a in questo momento?

R) Puoi essere licenziato/a solo per motivi disciplinari o per ragioni non di carattere economico: sono infatti sospesi fino al 16 maggio 2020 i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi per riduzione di personale.

L’art. 46 del D.L. 18/2020 ha previsto una limitazione ai licenziamenti nel periodo dall’entrata in vigore del decreto (17 marzo 2020) sino al 16 maggio 2020.
In particolare, in tale periodo è vietato a ogni datore di lavoro – indipendentemente dal numero dei dipendenti – recedere dal contratto di lavoro per ragioni di carattere economico (c.d. giustificato motivo oggettivo), nonché la possibilità di avviare procedure di licenziamento collettivo. In aggiunta, il decreto ha previsto la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo pendenti alla data del 17 marzo 2020, purché siano state avviate successivamente al 23 febbraio 2020 (quelle avviate prima paiono invece potersi concludere senza limitazioni).
Resta ferma, al contrario, la possibilità di licenziare per motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo). Inoltre, sembrerebbero escluse dal blocco dei licenziamenti anche tutte quelle altre ipotesi di recesso che non sono espressamente ricomprese nell’art. 3 L. 604/1966: licenziamento per raggiunti limiti di età, per superamento del comporto, per inidoneità alla mansione, dei lavoratori domestici, degli apprendisti al termine del periodo di formazione.

D) E se mi licenziano comunque e voglio impugnare il licenziamento?

R) La norma non ha chiarito se sono sospesi i termini delle impugnazioni: si consiglia quindi di inviare comunque una comunicazione al datore di lavoro entro 60 giorni dal licenziamento, per evitare di incorrere in decadenze. 

Per quanto riguarda l’impugnazione del licenziamento, nonostante il predetto art. 46 sia rubricato “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”, la norma non prevede in realtà una esplicita sospensione dei termini. Tale sospensione pare potersi desumere dalle altre disposizioni “emergenziali” emanate in questo mese dal governo, tuttavia, per ragioni di cautela, si consiglia di procedere comunque all’impugnazione stragiudiziale del licenziamento (anche solo con un messaggio SMS/WhatsApp o una e-mail) entro i consueti 60 giorni, rivolgendosi eventualmente a una organizzazione sindacale o a un avvocato specializzato per la necessaria assistenza.


Ricordiamo che, in ragione dell’emergenza Covid-19, lo studio è chiuso per gli appuntamenti. 

Restiamo comunque raggiungibili ai numeri 334.6480500 – 02.89078611, nonché all’indirizzo e-mail info@studiodirittielavoro.it. I singoli collaboratori sono reperibili ai propri indirizzi mail, consultabili su questa pagina.

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